LE ARROCCATE – 2025

“Le arroccate” ha debuttato a gennaio 2025 al Palazzo dei Congressi di Garda (VR), con un buon successo di pubblico; ha replicato per la giornata internazionale dei diritti delle donne, l’8 marzo 2025 – vista la coerenza con i temi affrontati dallo spettacolo.

Il 5 luglio 2025 “Le arroccate” sarà in scena a Calmasino, Bardolino (VR), in occasione della rassegna “Luci in corte a Calmasino”.

Di seguito è possibile vedere la scheda informativa e cliccando il link è visibile una carrellata delle scene fondamentali dello spettacolo.

link video teaser “Le arroccate”

La condanna del giudice

GIUDICE: Chi siete?

MEMORIA: Io sono la Memoria. (Uno sguardo a Silenzio che tace) Lui non vi dirà niente.

GIUDICE: Silenzio! È il suo turno!

SILENZIO: Giusto.

GIUDICE: Qui “giusto” posso dirlo solo io.

SILENZIO: Allora, a ben vedere, mi taccio.

GIUDICE: Ma vi ho chiesto chi siete!

MEMORIA: Ve l’avevo detto, io ho fatto la mia parte!

GIUDICE: Ripeto, silenzio!!

SILENZIO: Presente!

MEMORIA: Oh, signor Giudice, Vi sta dicendo di essere proprio il Silenzio in persona, quindi dovreste mostrarvi felice di aver carpito da lui qualche concetto… Almeno una vaga conferma in quel suo arrogante “giusto”.

SILENZIO: Umpf.

GIUDICE: Questo è fin troppo!

MEMORIA: Se ce l’ha con me, che in quanto Memoria ricordo a tutti come stanno le cose, giudicatemi pure colpevole, cosa ci posso fare? Dite!

GIUDICE: Dico che addirittura un “Umpf” nella mia corte è troppo! Insomma, che io tolleri un Silenzio di poche parole, seppur arroganti, può essere trovato adeguato alla situazione, ma che addirittura mi si rivolga un verso di stizza… Sapete che potrei farvi impiccare?

MEMORIA: Non ci cascate Giudice, siamo qui apposta!

GIUDICE: Per farvi impiccare?

MEMORIA: Lui! Lui sì che desidera la forca! Senza fiato non si può parlare, con la morte non c’è memoria. Lui…

SILENZIO: Io?

MEMORIA: Lui non ci perde niente! In questo sta la sua indifferenza… La morte non fa che esaltarlo! Io invece…

SILENZIO: Tu prima o poi morirai.

MEMORIA: Dovresti uccidermi e non è facile perché io, al contrario di te, parlo!

GIUDICE: Alla mia corte non sempre è richiesto di parlare, anzi, se steste zitta qualche momento potrei ben capirci qualcosa. Dunque, siete qui per essere giudicati, è corretto?

MEMORIA E SILENZIO: Sì.

GIUDICE: Ebbene, avete quindi commesso qualche atto amorale, alogico, insensato, tale che richieda la mia azione in questa sede?

MEMORIA E SILENZIO: Certo.

GIUDICE: E lo ammettete senza bisogno di testimoni?

SILENZIO: I testimoni sono morti e in qualche modo hanno fatto il mio gioco.

MEMORIA: Sei un assassino!

GIUDICE: Quindi si tratta di omicidio?

SILENZIO: Strage.

GIUDICE: Addirittura?

MEMORIA: Credeteci, una vera e propria strage con tante vittime… Milioni!

GIUDICE: Questo mi sembra esagerato.

SILENZIO: La Memoria deforma le cose, le ingigantisce, Giudice. Insomma, milioni di morti sopraggiunte nel mutismo di tutti, nemmeno un grido… Si è mai sentita una fine del genere?

MEMORIA: Molti di quelli che avrebbero avuto le orecchie per ascoltare, avevano a che fare solo con te: il silenzio!

GIUDICE: Quanta retorica! Il giudice sono io! Lasciate che ci veda chiaro.

MEMORIA: Il punto è questo, non si vede niente nel modo in cui si è abituati a fare.

GIUDICE: Che sciocchezza, qualcosa deve essere pur rimasto. Lei, che è la Memoria, si ricorderà qualche dettaglio!

MEMORIA: Io ricordo tutti, Giudice, purtroppo però molti non avevano un nome quando sono stati uccisi. Per questo, per vedere le cose, si deve uscire dalle abitudini.

GIUDICE: Attenta perché potreste essere condannata per troppe metafore! Che modo avete di mettere a disposizione del giudice i ricordi! Rischiate grosso, oggi! Il mio giudizio è inappellabile e voi annebbiate la realtà, vi condannerò per oscurantismo!

SILENZIO: A volte è meglio tacere.

MEMORIA: Vi prego, Giudice, non fate il suo gioco, quello è il vero male. Starsene lì, senza esprimere nulla… Mi ammazza!

GIUDICE: Ah, finalmente qualcosa di tangibile! La sta ammazzando? Si tratta di un tentato omicidio? Lei, Memoria, è la vittima!

MEMORIA: Sì, lo sono, anche se… Io sono fortunata! (Silenzio ride)

GIUDICE: Siete due pazzi!

MEMORIA: Ecco, vedete! Così avviene il solito equivoco… Siamo pazzi, trasmettiamo i fatti distorti, mostriamo orrendi delitti, stragi, genocidi così come siamo noi: una Memoria che non riesce a esprimere se stessa e un Silenzio megalomane… D’altra parte voi non vi sforzate mai di uscire dalle vostre abitudini!

GIUDICE: Questo discorso è dettato dalla follia, non c’è dubbio… La sentenza non si farà attendere.

SILENZIO: La sentenza deve tenere conto anche di me.

GIUDICE: Voi non avete detto più di qualche parola accompagnata da versi! L’ennesima follia è la pretesa di considerare la testimonianza del Silenzio! Voi siete già morto.

SILENZIO: Appunto, Giudice, non sono il mio testimone, ma sono l’unica testimonianza di milioni di persone che non possono più parlare. Ecco da dove viene la mia megalomania, io rappresento tutti loro. Perciò, quando voi mi state di fronte, siete certo di giudicare? Non è forse il caso che voi siate sotto giudizio?

MEMORIA: Ecco, ecco, arriviamo alla questione fondamentale!

GIUDICE: Diamine… E quale sarebbe?

MEMORIA: Che state finalmente cominciando a percepire la verità fuori dalle vostre abitudini! Il vero silenzio è quello di certe consuetudini che non producono reazioni. Abbiamo nominato stragi e genocidi… E voi?

GIUDICE: Cercavo di capire.

MEMORIA: E ora avete capito?

GIUDICE: Non so cosa dire.

SILENZIO: Allora tacete, imputato, è la condanna peggiore.

CHERCHEZ LA FEMME

Cena con delitto scritta da Enrica Beccaris e Margherita Monga con la Compagnia Teatrale La Rumarola

Il soggetto della cena con delitto è la morte di Siro Zuliani, celeberrimo Duca di Santo Stefano, poi maschera del “Duca della Pignata” del Carnevale veronese. La vicenda, che ancora oggi solleva molti dubbi nonostante sia passata alla cronaca come un semplice suicidio, è ambientata a Verona e a Mantova a fine Ottocento. L’influenza degli Austriaci, della massoneria e dell’indipendenza italiana ottenuta non moltissimi anni prima rendono la storia intricata, soprattutto vista la partecipazione di alcune donne descritte sui quotidiani di allora come “dame misteriose”.

Sono sette gli attori che coinvolgono il pubblico nel corso della cena verso la soluzione del caso e grazie all’ironia dei personaggi, sanno divertire e incuriosire tutti i partecipanti.

Per informazioni e preventivi, contattare margherita.monga@gmail.com

Ira Mathildis

Matilde di Canossa – l’inizio di un monologo

Matilde di Canossa giunge portando con sé la sua rocca. L’abito-rocca, piuttosto rigido per essere un abito, limitato per essere una rocca, pare comunque inespugnabile e di Matilde lascia libere solo la testa e le braccia.

MATILDE         Oh, inexpugnabile pietronas cacuminata, nomata Canossa, intra tibi praedico mi que sun Matilda. (sguardo al pubblico) Matilda qui?! Secundo ti? Matilda de Canossa, sancti Numi! Magna Comitissa, me nominan multi, que stabat pro Gran Contessa in vostrum vulgarissimo verbo. Matilde di Canossa, la Gran Contessa, in altra parolas, cum illa famosa pietra dicta Rocca di Canossa. Massa piccola, dicte vobis? Piccola sed ludicolona, dicunt. Eia ergo, advocati omni, illos vostros misericordes oculos ad qui converte solum per iudicare ille dimensiones! Esta es una reproductione, illa Rocca di Canossa est magnissima et inexpugnabilissima, que neanca niuno homo in armis potebat intrare sine extrarre longhissimo et solidissimo gladio… et anca sic erat en tantìn fatiga expugnarme. Com’est come non est, me praesento hic et nunc, perquod mea terra feudale arribat adusque Benacus Lacus. (sguardo al pubblico che probabilmente non ha capito) Sono la vostra contessa, Matilde di Canossa, figlia di Bonifacio di Canossa detto il Tiranno, pronipote di Ottone I di Sassonia, il sassone che sposò Adelaide di Borgogna e fu con lei Re degli Italici. Il mio feudo, ducato, marca o contea comprende ciò che oggi chiamate Lombardia, parte del Veneto, Emilia Romagna e Toscana. Conto più parenti e sostenitori nel clero pontificio della Mona Lisa del Codice Da Vinci e in quanto Dei gratiae invictissima sono a un passo dalla santità… Ma già la mia ava, madre del trisavolo Ottone I fu santa Matilde e predicò la regola L’inizio della santità sta nel desiderarla, nel domandarla a Dio, e nello sforzarsi per averla… Purtroppo la fine della regola non fu scritta e mi fermo ancora lì a riflettere sull’inizio della pratica di santità… Finisce poi che mentre rifletto c’è da fuggire da un marito gobbo, seppellirlo secondo necessità, portare avanti una guerra, sopprimere una ribellione, umiliare qualche Enrico IV nella neve… E c’è la questione della virgo intacta, che io tento di barattare con la rocca intacta, che – al contrario della mia virgo – non si è mai aperta all’invasore. Insomma, pare che se non sei martirizzata o almeno virgo intacta… Niente, nonostante le mie conoscenze non riuscirò a diventare santa. (cambio d’umore, nel mandare tutti a quel paese) Qui sibi frecat?! Mihi frecat nulla et mea fama de Magna Comitissa mihi permaneat in saecula saeculorum. Tiè! 

Rassegna teatrale 2023 – La Rumarola

NOVITÀ DAL TEATRO AMATORIALE VERONESE: la stagione estiva della compagnia gardesana La Rumarola

SE CI SEI BATTI UN COLPO! …E LA RUMAROLA: “TOC TOC”

Dopo in periodo di forzoso e forzato riposo La Rumarola torna a farsi sentire proponendo nel bel cortile del Chiostro della Pieve di Garda la consueta rassegna estiva.

Quattro le commedie in cartellone che rallegrano altrettanti mercoledì estivi.

La rassegna è iniziata lo scorso 19 luglio con “Romeo e Giulietta. Una storia di banditi” presentata dalla Compagnia Teatrale L’Archibugio di Lonigo. Il testo di Shakespeare sulla tragica vicenda dei due giovani amanti di Verona dà lo spunto a Giovanni Florio per raccontare in chiave umoristica vecchie storie di amori, crimini e giustizia tratti dagli archivi della Serenissima di Venezia… in stile western!

Segue, il 26 luglio, “Cantiere a luci rosse” degli Amici del Teatro dell’Attorchio di Cavaion Veronese, proposta da Igino Dalle Vedove e Ermanno Regattieri. Due atti brillanti in dialetto veronese in cui sono presenti i temi cari al teatro amatoriale leggero basati sull’equivoco, la tresca e il doppio senso.

Il 2 agosto la Compagnia il Nodo Teatro di Desenzano propone “A scatola chiusa” di Georges Feydeau con la regia di Furnari e Malesci. Una farsa basata su un intreccio di equivoci assurdi ed esilaranti ambientata nella Parigi della Belle Époque e della ricca borghesia spesso ignorante, per la quale anche l’arte è commercio ed esibizione di potere.

Il 9 agosto ultimo appuntamento estivo con “Gl’ innamorati ” di Carlo Goldoni presentata dalla Compagnia Il Sipario Onirico per la regia di Fabio Tosato. Una commedia brillante in due atti in cui i personaggi danno vita a una serie di intrecci e situazioni divertenti sullo sfondo della storia d’amore di Eugenia e Fulgenzio.

Quattro appuntamenti assolutamente da non perdere per questa estate ‘23 calda e piena di speranze.

Questo per quanto riguarda la stagione estiva che non ci vede diretti interpreti ma che viene proposta per mantenere fede a una consuetudine che risale agli anni ’80, precisamente al 1985, quando nacque La Rumarola per merito della mitica Maria Antonietta Vianini, la Maestra con la M maiuscola!

Di lei si è detto di tutto, ma non tutto…

Solo chi ha conosciuto e frequentato personalmente questa grande comunicatrice e donna di spettacolo può testimoniare della sua competenza e creatività, dedizione e generosità, rispetto ed empatia, passione ed entusiasmo, leadership e condivisione e l’elenco potrebbe continuare a lungo.

Ora la Maestra ha raggiunto quell’età in cui non sempre si riescono a seguire tutti i progetti che la creatività suggerisce e nel ruolo di presidente della Rumarola è subentrata dallo scorso dicembre Margherita Monga, già regista della Compagnia dal 2017.

Ma conosciamo meglio questa autrice e regista alla quale la Maestra ha passato il testimone e ha affidato la sua “creatura”.

Diplomata in drammaturgia alla Scuola d’Arte Drammatica di Paolo Grassi, laureata in Lettere Moderne e in Linguistica Italiana, Margherita è professoressa di lettere e autrice. Da anni fa dell’italiano un lavoro creativo e scrive testi per il teatro, eventi e laboratori per bambini e adulti. Tra i riconoscimenti da lei ottenuti, si conta l’importante menzione del premio di drammaturgia Hystrio (Teatro dell’Elfo, Milano, 2014), ottenuta grazie al testo “Hugo – burla veronese”, attualmente oggetto di traduzione nell’ambito del concorso Art Omi di New York.

Garda, 24 luglio, La Rumarola

Che ne sa Calvino delle stelle cefeidi

LA SECONDA INTERVISTA IMPOSSIBILE A MARGHERITA HACK, l’astrofisica che scoprì le stelle cefeidi, stelle che pulsano e indicano le distanze.

Personaggi: Giornalista, Margherita Hack.

Luogo: un punto nello spazio.

Giornalista          Signora…

Hack                     Ancora, ‘sta bischerata!

Giornalista          Avrei ancora una domanda…

Hack                     Mi dica come mi ha trovato stavolta!

Giornalista          È stato piuttosto facile, mi sono concentrata.

Hack                     Chi crede di buggerare, signorina? La concentrazione non c’entra un accidente.

Giornalista          Mi scusi, forse mi ha fraintesa. Non intendo quel tipo di concentrazione che viene da non avere distrazioni…

Hack                     Lei ha una fissa!

Giornalista          …Intendo che ho aumentato la concentrazione di me stessa rispetto all’ambiente circostante.

Hack                     E non mi dica che le è riuscito!

Giornalista          Come no? L’ho trovata!

Hack                     Se ho capito bene, avrebbe dovuto aumentare la sua massa in uno spazio piuttosto piccolo, quando invece continua a incontrarmi nella multidimensione della stringa che mi sono scelta dopo la mia dipartita dal mondo. Signorina, non sono una grulla, deve aver combinato qualcosa di fantasioso e di poco scientifico.

Giornalista          Potrei supporre di farla arrabbiare se le dicessi che ho seguito i passi di un racconto…

Hack                     Una relazione scientifica di qualcuno che conosco?

Giornalista          Un racconto, signora Hack.

Hack                     Un racconto e basta, fine a se stesso?

Giornalista          Un racconto analogico.

Hack                     Ma cosa sta blaterando? Le analogie sono un gran casino e dipende da chi è l’autore…

Scambio di sguardi.

Hack                     Non mi dica… Sempre quel bischero di un Italo?

Giornalista          Calvino, sì…

Hack                     Perché diavolaccio salta sempre fuori…

Giornalista          Per via di quel racconto, “tutto in un punto”.

Hack                     Sentiamo.

Giornalista          Vuole sapere la trama?

Hack                     Ce l’ha, almeno, la trama?

Giornalista          Sì, più o meno.

Hack                     Il solito scrittore pressappochista.

Giornalista          Per farla breve racconta di una dimensione in cui tutto è concentrato in un punto e c’è una donna che prepara da mangiare per tutti e tutti sono innamorati di lei e la incontrano continuamente, capirà, tutti stretti in un punto… Insomma, si finisce di capire che sono anche uno dentro l’altro, ma allo stesso tempo riescono a distinguersi…

Hack                     Va bene, bell’analogia, ma arrivi al punto!

Giornalista          Il punto è che così è nato l’universo, è un’analogia, appunto, che si riferisce al Big-Bang.

Hack                     Quindi secondo il suo Calvino questo aumento di massa concentrata da cui poi scaturì la nascita di tutto ciò che conosciamo e non, sarebbe avvenuto come la preparazione del pranzo di una massaia di cui tutti sono innamorati?

Giornalista          Sì, ma lei interpreta troppo le metafore… Si lasci suggestionare.

Hack                     Vorrei sapere, bella mia, che c’entra la massaia con il fatto che m’ha trovata!

Giornalista          Ho semplicemente pensato che, se l’universo è nato da un punto e io sono parte dell’universo, potrei provare a occupare con il mio essere tutto lo spazio possibile. Così riuscirei – e ci riesco! – a incontrarla ogni volta che voglio! Nel senso che, se non la incontrassi, significherebbe che lei sta in chissà quale altro mondo, ma all’Aldilà non ci crede, quindi…

Hack                     Quindi m’ha trovata! Ma io mi chiedo… Perché non cerca Calvino in questo marasma di massa concentrata nei punti che dice lei? E perché non gli chiede come caspita si fa a inventare simili castronerie galattiche?

Giornalista          Perché non mi interessa, in parte l’ho capito… Funziona per analogie…

Hack                     Quello s’è fatto prendere la testa dalle analogie, glielo dico io… Ha creato addirittura i suoi adepti analogici! Lei è una fan di questo sistema di cose e non si rende conto del divario tra la mia posizione scientifica e la vostra strana cultura umanistica!

Giornalista          Magari ha ragione, signora Hack ma io volevo domandarle…

Hack                     E la faccia questa domanda, perdinci!

Giornalista          Ha mai pensato che, se avesse fantasticato un po’ di più, se avesse trasformato la luna in formaggio o la traiettoria di un pianeta in un’acchiapparella, avrebbe amato di più il suo mondo e i suoi simili?

Hack                     Ma io ho amato moltissimo il mio mondo, così intensamente che lei è riuscita a trovarmi ancora qui, in un luogo dell’universo, anziché in un’invenzione della religione o della letteratura. Quanto ai miei simili, ho amato chi, come me, non mandava in confusione gli ascoltatori con bislacche teorie o discutibili racconti. Adesso le faccio io una domanda: perché continua ad ascoltarmi, quando non esisto più?

Giornalista          È merito di Calvino, che è riuscito a raccontare di lei, pur nella sua diversità poetica. Signora Hack, lei così è diventata immortale!

Hack                     Quel bischero, mi ha addirittura divinizzato! Allora sa cosa c’è?

Giornalista          Dica!

Hack rimane muta, perde i tratti umani, inizia a pulsare e cambiare ritmicamente la sua dimensione.

Giornalista          Arrivederci, signora Hack! Anche così, come una delle stelle cefeidi che lei ha scoperto, farà sempre parte del mondo di noi sognatori che guardando il cielo siamo a caccia di analogie… E cos’è un’analogia se non una risposta muta? Continui a pulsare, signora Hack, stella cefeide… Lo prendiamo come un saluto.

Sulla nascita e la morte della mascolinità

INTERVISTA IMPOSSIBILE A GILGAMESH

(Estratto da una favola in elaborazione)

Quivi pochi giganti, che dovetter esser gli più robusti, ch’erano dispersi per gli boschi posti sull’alture de’ monti, siccome le fiere più robuste ivi hanno i loro covili, spaventati ed attoniti dal grand’effetto di che non sapevano la cagione, alzarono gli occhi ed avvertirono il cielo.

Giambattista Vico, “La Scienza Nuova”

Noi vagabondi andavamo in cerca di ciò che loro si erano lasciati alle spalle, come i bambini raccolgono le conchiglie colorate sulle spiagge deserte.

Austen Henry Layard, l’archeologo che scoprì Ninive

Assurbanipal fu un re assiro di tremila anni fa, il cui nome significa “il dio Assur ha un erede”, quindi discendente di un dio. Divinità a parte, di lui si ricordano le doti di condottiero e i saccheggi di ricchissime città egiziane così come della città persiana di Susa; si ricorda poi l’immensa biblioteca che fece costruire a Ninive. Spesso, quando si parla di conquiste, si sottovalutano la cultura e le storie da essa prodotte, che diventano lo specchio di civiltà assorbite in un tessuto sociale nuovo. Assurbanipal fu un vero e proprio cultore di storie antiche, un collezionista di poesie, inni, testi religiosi e non si fermò al collezionismo perché, da conquistatore, quelle storie voleva farle sue, del suo popolo – degli Assiri forti, guerrieri, indomiti. Come? Con la traduzione nella lingua che era allora quella dell’impero: l’accadico contemporaneo, una lingua semitica scritta con caratteri cuneiformi, simili a quelli che avevano inventato i Sumeri. Chi ha inventato la scrittura? Si dice siano stati i Sumeri, ma le loro storie sono state tradotte dai popoli che poi si sono stratificati in Mesopotamia e la storia di un importante re è stata trovata, riscoperta e tradotta proprio per volere di Assurbanipal: si trattava della storia di Gilgamesh. Gilgamesh compare come primo re dopo una dinastia composta solo da dei, in una lista di re di quattromila anni fa. Secondo questa lista, regnò per 126 anni, eppure all’epoca di Assurbanipal, la sua storia era quasi stata dimenticata e solo una vicenda di conquiste e di ricerca di prestigio aveva portato al suo ritrovamento. Tra i Sumeri e gli Assiri, anche Hammurabi – il legislatore del codice – aveva fatto scrivere una versione babilonese, ma la città di Babilonia (l’antica Babele) era stata più volte distrutta e saccheggiata; così al tempo di Assurbanipal è probabile che la storia babilonese di Gilgamesh si fosse un po’ persa tra le varie versioni scritte, gli incendi e le ruberie. Di Gilgamesh, perciò si sa che è stato un re, il primo re mortale di grandissime civiltà del Medioriente, che visse un tempo lunghissimo e che la sua storia emerge e riemerge tra perdite e ritrovamenti. Sarà che a Gilgamesh non piaceva stare troppo tra i mortali e tentava sempre la fuga nel mondo degli dei, lontano migliaia di leghe dalla terra degli uomini; sarà che a un certo punto Gilgamesh si mise in competizione con altre mitologie, che un po’ somigliava alle storie greche e a quelle degli Ebrei… Sarà andata così, ma Gilgamesh fu trovato ancora una volta, suo malgrado, dopo altri due millenni, grazie ad alcuni archeologi del moderno Ottocento. Fu Mr Layard, in fissa con le tell arabe – colline di terra nel deserto – che scavando, cocciuto, trovò Ninive e con essa la biblioteca; poi fu Mr George Smith, assiriologo, che appena ventisettenne trovò e tradusse le antiche iscrizioni di Gilgamesh – non aveva ancora terminato di portare alla luce tutta la storia dell’antico re semidivino che, malato e rimasto senza denaro, morì a soli 35 anni, nel 1876. Da allora, dunque, si cerca di dare corpo alla storia di questo personaggio alla ricerca del senso della vita, amareggiato dalla mortalità degli uomini, dipendente dall’adrenalina delle sensazioni forti e con il passo pronto a percorrere ventimila leghe nell’oscurità per scomparire una volta per tutte. È passato un secolo e mezzo dall’ultimo tentativo di tenerlo con noi e potremmo già averlo annoiato a morte.  

Intervista impossibile a Gilgamesh

Archeologi      Dovremmo averlo trovato.

Gilgamesh      Oh, santa pace!

Archeologi      Non si nasconda!

Gilgamesh      Ci riuscissi… A questo punto non so davvero di che morte morire per fuggire da voi.

Archeologi      Ma è scomparso per un sacco di tempo, non le mancava la luce del mondo degli uomini?

Gilgamesh      Assolutamente no. Un tempo forse mi avrebbe fatto un altro effetto, ma ora preferisco le tenebre, ero intento a percorrere un milione di leghe al buio, proprio per trovare chissà che. Ero intento a percorrere un milione di leghe al buio, per chissà che. Stavo percorrendo tutte quelle leghe al buio e la mia meta chi la sa che. Sapete? Ho fatto un sogno in cui percorrevo mille milioni di miglialeghe al buio e la mia meta chissà se la sapete voi e che.

Archeologi      Gilgamesh, è in sé?

Gilgamesh      Sono in me, in te, in noi. Sono ovunque e busso alla camera della sposa la prima notte di nozze per godere della sua, della mia, della vostra passione. Mi insinuo in tutti voi e sono in me, ora, sempre, nell’eternità e muoio.

Archeologi      Abbiamo dunque trovato Gilgamesh?

Gilgamesh      Ma certo, santi numi di Uruk, sono io quello che cercate, sono Gilgamesh, non siate ripetitivi anche voi.

Archeologi      Ci scusi, a volte è difficile capire.

Gilgamesh      Ah, lo dite a me? Che sono stato creato sumero, ma parlo accadico e ho trascritto il testo della mia storia su comode lastre di pietra imperitura? Lo dite a me, che dopo tutta questa fatica, il meglio che siete riusciti a fare è stato decifrarmi in un centinaio di pagine scritte in prosa, confondendo le mie gesta con quelle degli Ebrei? È tutta colpa del diluvio.

Archeologi      Ci spieghi, Gilgamesh, perché a dirla tutta il diluvio per noi rimane un mistero. È avvenuto, quindi? È stato così universale? E chi si è salvato? Lei accredita più la versione di Noè, di Deucalione e Pirra, del regno di Ragnarok, dei miti malesiani, neozelandesi o di Utnapistim?

Gilgamesh      Cosa me ne frega?

Archeologi      Noi pensavamo che lei potesse fare luce su questa cosa…

Gilgamesh      Sentite, del diluvio non mi importa, non è la mia storia. Mi sono infilato in una corsa insensata per cercare il sopravvissuto al diluvio reso immortale, Utnapistim, e a dirla tutta mi è stato decisamente antipatico quando mi ha detto che io non sarei mai stato immortale, però “to’ tieni questo fiore per l’eterna giovinezza, che tanto ti verrà mangiato dal serpente e non ti rimarrà che tornare sulla terra a fare l’amore con le tue prostitute”.

Archeologi      Suvvia, non è andata proprio così.

Gilgamesh      Ah, no? Forse ho reso la risposta del vecchio Utna il Lontano un po’ più secca della versione originale, ma per farla breve la questione si è risolta così, con il mio rientro tra i mortali. Poi epopea mezzo scomparsa, qualche brano ricostruito e la fine della storia con “la morte di Gilgamesh”. Ho un tale nervoso e che abbatterei cedri secolari a più non posso solo per istigare l’ira degli dei, di Humbaba e di tutta la sua stirpe. Sappiate che quando la mia ira si fa grande abbatto tutti i cedri che trovo nel bosco alla faccia di Humbaba. Un giorno Enkidu mi ha detto di stare attento ai cedri di Humbaba, ma a me saliva il desiderio di abbatterli, perché sono forte e posso dimostrare la mia virilità solo buttando giù tutti i cedri che incontro e Humbaba, alla faccia sua, degli dei e della sua stirpe, si arrabbia e mi sfida e io monto in bestia e continuo ad abbattere i cedri.

Archeologi      Le sue risposte risentono di qualche millennio di stratificazioni di storie, ci pare.

Gilgamesh      Qui vi sbagliate, la storia è sempre la stessa ed è l’unica cosa immortale che troverete e nonostante tutto mancano dei pezzi, quindi bisogna arrabattarsi con quello che si ha. Ma ditemi, mi avete rispolverato solo per chiedermi di raccontare di nuovo la mia storia? Poi sarei io il ripetitivo!

Archeologi      No, le cose stanno diversamente.

Gilgamesh      Allora parlate, sia vero che mi chiamo Gilgamesh, che sono figlio di Ninsun, quinto re di Uruk dopo il diluvio, primo re mortale dopo i divini, vivo per centoventisei anni in terra, per millenni nelle vostre storie, nei vostri miti, nei vostri sogni, nelle vostre lingue semitiche e tradotto in quelle indoeuropee, mannaggia a voi!

Archeologi      Siamo qui per capire com’è nata la virilità. Per farla breve, stiamo seguendo la storia di un nascituro e della madre che sta preparando le cose per la sua venuta al mondo. Ormai si sta formando il suo sesso e il nascituro si sta facendo maschio, quindi volevamo interrogarla sulla faccenda, visto che da archeologi abbiamo individuato in lei il primo mito mascolino raccontato all’umanità.

Gilgamesh      Ah.

Archeologi      Ah?

Gilgamesh      Cosa volete che vi dica? Non capisco la vostra necessità.

Archeologi      Volevamo capire qualcosa di più, insomma lei viene descritto come un toro selvaggio, un uomo dal corpo perfetto, la cui lussuria non lascia nessuna vergine all’amante, né la figlia del guerriero…

Gilgamesh      …Né la moglie del nobile, lo so lo so. Cosa c’è da aggiungere?

Archeologi      Vorremmo un suo commento.

Gilgamesh      Sapete com’è andata, non era ancora arrivato Enkidu nella mia vita.

Archeologi      Quindi, non doveva condividere con nessun altro le ragazze e – si perdoni la cafoneria – era l’unico “gallo nel pollaio”?

Gilgamesh      No, semplicemente non avevo ancora conosciuto Enkidu. Sapete come avvenne?

Archeologi      Enkidu era ciò che a lei mancava, un essere creato per contrapposizione.

Gilgamesh      Affatto.

Archeologi      Lei dice? Eppure così dicono gli interpreti…

Gilgamesh       Enkidu era ciò che mi mancava e lo conobbi nel momento in cui cercavo per l’ennesima volta qualcosa che appagasse il mio vuoto.

Archeologi      Lei stava per violentare una ragazza!

Gilgamesh      Come siete contemporanei… Esercitavo il mio ius primae noctis. Stavo civilmente nella casa nuziale della Regina d’Amore, la prima notte delle sue nozze e non chiedevo che di giacere con lei per primo – prima del marito, intendo.

Archeologi      Non riusciamo a dare un giudizio benevolo, ma capiamo la situazione, la tradizione, le cose antiche, così andava il mondo…

Gilgamesh      Arrivò Enkidu, era forte, aveva le ossa grosse e venne contro di me. Stavamo là, come due tori avvinghiati ad annusare chi dei due fosse il più possente. Ce le siamo date, finché non ho rovesciato a terra Enkidu e sono rimasto a guardarlo. Era a terra, lo guardavo, era forte, ma io lo ero più di lui ed ero felice perché era quanto di più bello potessi incontrare. Fu allora che pensai di cambiare proposito: non entrai nella camera della Regina dell’Amore e decisi di non separarmi più da Enkidu. Da allora abbiamo condiviso la stessa camera, la nostra camera, i sogni e le battaglie. Enkidu non era contrapposto a me, ma era stato creato come una parte di me.

Archeologi      Quindi si è innamorato del suo amico?

Gilgamesh      Sono troppo antico per comprendere il senso che voi date all’amore, all’epoca di Enkidu, io vivevo Enkidu e lui viveva in me, poi tutto finì con la sua morte.

Archeologi      Così ci spiazza, Gilgamesh. Pensavamo di trovare l’emblema dell’antica virilità, un abbattitore di cedri e di tori, non certo un uomo che cerca un amico.

Gilgamesh       Ho sognato la morte di Enkidu ed Enkidu ha sognato la sua morte, abbiamo trascorso giornate deliranti, io a vegliare sul letto di morte del mio amico, lui a morire per un sogno di morte. Ho sognato la morte del mio amico e lui ha fatto lo stesso, entrambi sapevamo che lui non avrebbe fatto che aspettare la morte per i giorni a seguire. Lo strazio è cominciato in sogno ed Enkidu stesso soffriva per un sogno che lo riguardava ed entrambi sapevamo che si sarebbe concretizzato. Io ho sognato Enkidu che moriva ed Enkidu è morto; Enkidu ha sognato sé stesso che moriva ed Enkidu è morto.

Archeologi      Sembra che sia ancora preso nel vortice della disperazione.

Gilgamesh       Da millenni muore Enkidu e io muoio con lui, nonostante i miei viaggi per fuggire alla morte. Da millenni vivo con Enkidu nelle storie della gente ed Enkidu muore per me, per un sogno, per causa mia. A chi dice che Enkidu è stato creato per merito mio, dico che per causa mia è morto. Quando sono andato da Utnapistim a chiedere come diventare immortale, avrei voluto chiedere come fare a far tornare in vita il mio amico, ma sapevo che non era possibile e sapevo di essere mortale come lui. Quando incontrai la fanciulla che fa il vino, Siduri è il suo nome, quella mi disse di tornare sulla terra, unirmi a una donna e amarla. Non mi rimaneva che ascoltarla, ma ad ascoltare quelle parole era Gilgamesh, colui che aveva rifiutato la bellissima dea Ishtar e condiviso le notti con l’amico Enkidu.

Archeologi      Gilgamesh, pensiamo che lei ci stia raccontando una storia d’amore.

Gilgamesh      Allora dite a quella donna per il cui nascituro venite a intervistarmi: il tuo bambino sarà virile quanto sarà pieno d’amore. E l’amore ha tante forme, abbatte i cedri, uccide i tori, si fa toro, si scorna con i rivali e condivide i sogni con gli amici.

Gilgamesh tace e parte per percorrere milioni di miglia di leghe nell’oscurità.

Che ne sa Calvino dei buchi neri

INTERVISTA IMPOSSIBILE A MARGHERITA HACK NELLA GIORNATA DELLE DONNE NELLA SCIENZA

INTERVISTATRICE           

Oggi è la giornata mondiale delle donne nella scienza, quindi, ho deciso di cercare di intervistare la più celebre astrofisica italiana, Margherita Hack, che oggi avrebbe centouno anni, ma ci ha lasciato 10 anni fa.

HACK                                 

Vi ho lasciato, appunto, non capisco questo accanimento… Mi lasci stare per favore!

INTERVISTATRICE           

Farò in un lampo, lo prometto.

HACK                                 

Cosa ne sa lei della luce, vorrei vederla alle prese con un buco nero, ce la ficcherei dentro per ridere della sua velocità di fuga… 300’000 chilometri al secondo, a tanto va la luce e non riesce ad abbandonare i buchi neri! Si figuri lei che a tre metri al secondo si spettina! (risata acida)

INTERVISTATRICE           

Vorrei solo farle qualche domanda sui buchi neri!

HACK                                 

Ci ha provato anche Calvino negli anni Settanta e ho già risposto sui giornali, altroché le sue web interviste a persone che riposano in pace.

INTERVISTATRICE           

Appunto, Calvino! Lei se l’è presa così tanto quella volta per un po’ di letteratura…

HACK                                 

Macché letteratura, quel romanziere pensava di aver capito e niente, non aveva capito niente! Aveva piazzato il suo signor Palomar sul Corriere a straparlare di buchi neri, quando io mi facevo un mazzo così a spiegare ‘sto demonio di buco! Io, donna di scienza, come se fosse sempre stato facile sgomitare fra i tanti palomar che si incontravano…

INTERVISTATRICE           

Lei diceva a Calvino che si era fatto incantare dalle immagini…

HACK                                 

E certo! Quello ha fatto! Come fosse il primo maschio che si mette a parlare di buchi poi…

INTERVISTATRICE           

Ma Professoressa!

HACK                                 

Eh insomma diciamo le cose come stanno! Solo le “Cosmicomiche” poteva scrivere! Ma che glielo spiego a fare, a lei, che cerca di intervistare una scienziata atea morta e sepolta… Da che fantastico Aldilà sta provando a tirarmi fuori?

INTERVISTATRICE           

Mi scusi, cercherò un altro modo…

HACK                                 

Sperimenti, figliola, sperimenti! E ci riprovi, che diamine!

INTERVISTATRICE           

Va bene, alla prossima…

HACK                                 

…Se riuscirà a trovarmi…