La condanna del giudice

GIUDICE: Chi siete?

MEMORIA: Io sono la Memoria. (Uno sguardo a Silenzio che tace) Lui non vi dirà niente.

GIUDICE: Silenzio! È il suo turno!

SILENZIO: Giusto.

GIUDICE: Qui “giusto” posso dirlo solo io.

SILENZIO: Allora, a ben vedere, mi taccio.

GIUDICE: Ma vi ho chiesto chi siete!

MEMORIA: Ve l’avevo detto, io ho fatto la mia parte!

GIUDICE: Ripeto, silenzio!!

SILENZIO: Presente!

MEMORIA: Oh, signor Giudice, Vi sta dicendo di essere proprio il Silenzio in persona, quindi dovreste mostrarvi felice di aver carpito da lui qualche concetto… Almeno una vaga conferma in quel suo arrogante “giusto”.

SILENZIO: Umpf.

GIUDICE: Questo è fin troppo!

MEMORIA: Se ce l’ha con me, che in quanto Memoria ricordo a tutti come stanno le cose, giudicatemi pure colpevole, cosa ci posso fare? Dite!

GIUDICE: Dico che addirittura un “Umpf” nella mia corte è troppo! Insomma, che io tolleri un Silenzio di poche parole, seppur arroganti, può essere trovato adeguato alla situazione, ma che addirittura mi si rivolga un verso di stizza… Sapete che potrei farvi impiccare?

MEMORIA: Non ci cascate Giudice, siamo qui apposta!

GIUDICE: Per farvi impiccare?

MEMORIA: Lui! Lui sì che desidera la forca! Senza fiato non si può parlare, con la morte non c’è memoria. Lui…

SILENZIO: Io?

MEMORIA: Lui non ci perde niente! In questo sta la sua indifferenza… La morte non fa che esaltarlo! Io invece…

SILENZIO: Tu prima o poi morirai.

MEMORIA: Dovresti uccidermi e non è facile perché io, al contrario di te, parlo!

GIUDICE: Alla mia corte non sempre è richiesto di parlare, anzi, se steste zitta qualche momento potrei ben capirci qualcosa. Dunque, siete qui per essere giudicati, è corretto?

MEMORIA E SILENZIO: Sì.

GIUDICE: Ebbene, avete quindi commesso qualche atto amorale, alogico, insensato, tale che richieda la mia azione in questa sede?

MEMORIA E SILENZIO: Certo.

GIUDICE: E lo ammettete senza bisogno di testimoni?

SILENZIO: I testimoni sono morti e in qualche modo hanno fatto il mio gioco.

MEMORIA: Sei un assassino!

GIUDICE: Quindi si tratta di omicidio?

SILENZIO: Strage.

GIUDICE: Addirittura?

MEMORIA: Credeteci, una vera e propria strage con tante vittime… Milioni!

GIUDICE: Questo mi sembra esagerato.

SILENZIO: La Memoria deforma le cose, le ingigantisce, Giudice. Insomma, milioni di morti sopraggiunte nel mutismo di tutti, nemmeno un grido… Si è mai sentita una fine del genere?

MEMORIA: Molti di quelli che avrebbero avuto le orecchie per ascoltare, avevano a che fare solo con te: il silenzio!

GIUDICE: Quanta retorica! Il giudice sono io! Lasciate che ci veda chiaro.

MEMORIA: Il punto è questo, non si vede niente nel modo in cui si è abituati a fare.

GIUDICE: Che sciocchezza, qualcosa deve essere pur rimasto. Lei, che è la Memoria, si ricorderà qualche dettaglio!

MEMORIA: Io ricordo tutti, Giudice, purtroppo però molti non avevano un nome quando sono stati uccisi. Per questo, per vedere le cose, si deve uscire dalle abitudini.

GIUDICE: Attenta perché potreste essere condannata per troppe metafore! Che modo avete di mettere a disposizione del giudice i ricordi! Rischiate grosso, oggi! Il mio giudizio è inappellabile e voi annebbiate la realtà, vi condannerò per oscurantismo!

SILENZIO: A volte è meglio tacere.

MEMORIA: Vi prego, Giudice, non fate il suo gioco, quello è il vero male. Starsene lì, senza esprimere nulla… Mi ammazza!

GIUDICE: Ah, finalmente qualcosa di tangibile! La sta ammazzando? Si tratta di un tentato omicidio? Lei, Memoria, è la vittima!

MEMORIA: Sì, lo sono, anche se… Io sono fortunata! (Silenzio ride)

GIUDICE: Siete due pazzi!

MEMORIA: Ecco, vedete! Così avviene il solito equivoco… Siamo pazzi, trasmettiamo i fatti distorti, mostriamo orrendi delitti, stragi, genocidi così come siamo noi: una Memoria che non riesce a esprimere se stessa e un Silenzio megalomane… D’altra parte voi non vi sforzate mai di uscire dalle vostre abitudini!

GIUDICE: Questo discorso è dettato dalla follia, non c’è dubbio… La sentenza non si farà attendere.

SILENZIO: La sentenza deve tenere conto anche di me.

GIUDICE: Voi non avete detto più di qualche parola accompagnata da versi! L’ennesima follia è la pretesa di considerare la testimonianza del Silenzio! Voi siete già morto.

SILENZIO: Appunto, Giudice, non sono il mio testimone, ma sono l’unica testimonianza di milioni di persone che non possono più parlare. Ecco da dove viene la mia megalomania, io rappresento tutti loro. Perciò, quando voi mi state di fronte, siete certo di giudicare? Non è forse il caso che voi siate sotto giudizio?

MEMORIA: Ecco, ecco, arriviamo alla questione fondamentale!

GIUDICE: Diamine… E quale sarebbe?

MEMORIA: Che state finalmente cominciando a percepire la verità fuori dalle vostre abitudini! Il vero silenzio è quello di certe consuetudini che non producono reazioni. Abbiamo nominato stragi e genocidi… E voi?

GIUDICE: Cercavo di capire.

MEMORIA: E ora avete capito?

GIUDICE: Non so cosa dire.

SILENZIO: Allora tacete, imputato, è la condanna peggiore.

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